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Strategie di ingresso nel mercato cinese: Distribuzione – Fattori Chiave e Normative



INDICE

INTRODUZIONE

METODI DI INGRESSO NEL MERCATO CINESE:

  1. Metodo indiretto: Importare in Cina e le attività di sdoganamento. Agente commerciale

  2. Metodo diretto: Società straniere di trading

DISTRIBUZIONE IN CINA:

  • Distribuzione all’ingrosso (Wholesale)

  • Distribuzione al dettaglio (Retail)

  • Franchising

  • Vendita diretta con o senza una presenza permanente in Cina

  • E-commerce

STRUTTURE SOCIETARIE STRANIERE PER LA DISTRIBUZIONE IN CINA:

  • Ufficio di Rappresentanza

  • Filiali

  • Società a capitale interamente straniero (Wholly Foreign Owned Enterprise)

  • Cooperative Joint Venture (CJV)

  • Equity Joint Venture (EJV)

  • Foreign-Invested Partnership Enterprise (FIPE)

TASSE APPLICABILI E TIPICHE CONSEGUENZE FISCALI DELLE DIVERSE STRATEGIE IN CINA

RESTRIZIONI SUI CAMBI VALUTA STRANIERA

IL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE

LA LEGGE ANTI-MONOPOLIO SULLA DISTRIBUZIONE:

  • Fornitori e distributori in posizione dominante

  • Rivenditori e grande distribuzione

  • I fornitori della grande distribuzione

Introduzione

L’ascesa del commercio elettronico e le vendite su internet attraverso le piattaforme digitali online, hanno avuto un impatto significativo sui modelli e strutture tradizionali per la distribuzione di beni e servizi in Cina.

Gli investitori stranieri, qualunque sia la loro attività commerciale, dovrebbero considerare lo sviluppo e/o potenziamento della loro presenza su internet, come un utile canale o elemento cruciale della loro strategia di ingresso nel mercato cinese.

Tuttavia, se il mercato cinese sembra oggi essere più accessibile, la scelta della strategia più adatta e redditizia e del modello di business per entrare nel mercato cinese, dipende da un attento processo di valutazione di numerosi fattori eterogenei, i quali, direttamente e indirettamente, incidono sul business.

Le industrie straniere della moda e dei beni di lusso in Cina, così come le loro vendite su internet, rappresentano un esempio emblematico della connessione e dipendenza di fattori di diversa natura.

Infatti, le misure governative cinesi anti-corruzione degli ultimi cinque anni, unite alla sorprendente esponenziale crescita del numero di ricchi consumatori-cinesi in viaggio all’estero per shopping, e alla sempre più massiccia presenza di marchi e prodotti contraffatti e di marchi e prodotti concorrenti, hanno avuto un impatto negativo devastante per le aziende straniere di questi settori.

A partire dal 2012, i marchi iconici del lusso hanno visto la crescita delle loro vendite in Cina scendere dal 30 per cento del 2011 (comprese Hong Kong, Taiwan e Macao) al 7 per cento nel 2012, mostrando un rallentamento improvviso del consumo dei beni di lusso nel mercato cinese. Questo trend negativo nel corso degli ultimi anni, ha costretto i brand più famosi a fermare o ridurre drasticamente la loro espansione in Cina, mentre marchi più economici hanno visto aumentare straordinariamente i loro profitti.

Un altro fattore rilevante che le imprese straniere dovrebbero prendere in considerazione è il coinvolgimento del governo cinese nelle attività economiche private straniere, il quale è molto più "invadente" rispetto a quello di molti altri paesi.

Il governo possiede e controlla ancora la maggior parte delle grandi imprese statali (State-Owned Enterprise “SOE”), nominando direttamente i membri dei consigli di amministrazione di queste SOE. Diverse imprese statali continuano a detenere i monopoli nei settori chiave dell’economia, come ad esempio, nella fabbricazione e produzione di prodotti strategicamente importanti quali carbone, petrolio e acciaio.

Gli incentivi alle aziende straniere da parte del governo nazionale e/o delle autorità locali, inoltre, svolgono ancora un ruolo significativo per il successo in Cina. Questo supporto è spesso la chiave per l’accesso al mercato di diversi prodotti commerciali e per determinare, quantificare e prevenire i rischi dell’impresa.

Altri aspetti e fattori fondamentali da prendere in considerazione e valutare attentamente quando si vuole scegliere un determinato modello di business o strategia di ingresso nel mercato cinese, sono i costi del modello scelto, la sua reale capacità di generare profitti in relazione all’attività d’impresa scelta in Cina, le conseguenze fiscali della propria strategia aziendale, il tipo di rischi e la percentuale di esposizione ai rischi, gli strumenti di tutela messi a disposizione dall’ordinamento giuridico cinese, fattori culturali, tutte le leggi e regolamenti che governano e disciplinano l’attività specifica d’impresa che si vuole condurre in Cina.

Quanto finora detto risulta più chiaro in relazione alla distribuzione di beni e servizi e, dunque, ai contratti di distribuzione di prodotti e servizi stranieri in Cina. I contratti di distribuzione disciplinano le relazioni tra fornitori e distributori, e la loro corretta stesura è decisiva per il successo di qualunque tipo di strategia di business.

Tuttavia, un’impresa straniera, per concludere un contratto di distribuzione vantaggioso e redditizio deve tenere conto (anche ai fini della negoziazione del prezzo), come già detto, di tutti i fattori di diversa natura che interessano i suoi prodotti e/o servizi quali ad esempio, le diverse restrizioni legali, le restrizioni sui prezzi, prezzo minimo di vendita, fluttuazione tassi di cambio, restrizioni sul cambio valuta estera, tasse d’importazione, metodi e costi per tutelare il proprio marchio, costi dei servizi di logistica, struttura societaria, concorrenza sleale da parte spesso degli stessi acquirenti ecc.

Metodi di ingresso nel mercato cinese

A) Metodo indiretto: Importare in Cina e le attività di sdoganamento. Agente commerciale

Le imprese straniere possono vendere e/o distribuire i loro prodotti e/o servizi in Cina, direttamente o indirettamente.

Il metodo diretto, attraverso la costituzione e registrazione di una società straniera in Cina al fine di stabilire una presenza permanente in loco, permette alle società straniere di condurre direttamente le attività di importazione e/o fabbricazione e produzione, e la successiva distribuzione di prodotti e/o servizi.

Il metodo indiretto, invece, comporta la vendita e distribuzione di prodotti in Cina attraverso un acquirente cinese (buyer) autorizzato a rivendere i prodotti in Cina, o la nomina di un agente commerciale cinese che introduce acquirenti in Cina alla società straniera.

Occorre sottolineare che i buyers cinesi in molti casi non hanno le relative e obbligatorie licenze per l’importazione ed esportazione, e di conseguenza assumono a loro volta società cinesi per svolgere tutte le attività e formalità per l’importazione di prodotti esteri.

I diritti commerciali riconosciuti a una società di trading (commerciale), infatti, sono diversi dai diritti commerciali contenuti in una licenza commerciale rilasciata dalle autorità doganali.

Una licenza commerciale rilasciata dalla autorità doganali autorizza il titolare della licenza a svolgere le attività e formalità doganali da solo, senza l’obbligatoria presenza di uno spedizioniere doganale (customs broker), mentre i diritti commerciali riconosciuti a una società di trading indicano soltanto che la società è legalmente autorizzata a svolgere attività commerciale, ma ha bisogno di un customs broker per le attività di sdoganamento.

Le attività di import ed export in Cina, sono regolate dall’Amministrazione Generale delle Dogane della Repubblica Popolare Cinese, e dalle Dogane cinesi.

In breve, il sistema doganale cinese consiste di tre livelli:

  • la General Administration of Customs in China (GACC), sotto il controllo del Consiglio di Stato, rappresenta l'autorità doganale di livello più alto

  • il secondo livello comprende una filiale dell’amministrazione generale in Guangdong, due uffici speciali in Shanghai e Tianjin, 41 uffici doganali e 2 collegi doganali

  • il terzo livello comprende 562 agenzie doganali controllate dai 41 uffici doganali del secondo livello.

Le procedure di sdoganamento di prodotti importati in Cina consistono di tre fasi, le quali sono congiuntamente svolte dalle autorità doganali provinciali e locali: a) documentazione; b) ispezione; c) rilascio dei beni.

Durante la fase della documentazione, l’importatore o il customs broker deve prima compilare la dichiarazione doganale. I dati della dichiarazione doganale locale sono trasmessi elettronicamente al centro di esame elettronico dati, il quale, dopo un controllo del formato dei dati, trasferisce la dichiarazione doganale ai vari uffici doganali in base ai tipi di merci che sono state dichiarate.

Gli uffici doganali controllano la classificazione e valore di ogni prodotto dichiarato, inviando poi i dati alle agenzie doganali locali di competenza. L’importatore o il customs broker deve successivamente presentare presso gli uffici doganali portuali o aeroportuali del posto,  il modulo della dichiarazione doganale assieme a tutti gli altri documenti previsti.

Dopo che tutte le formalità della fase documentale sono state espletate, l’ufficio doganale locale stabilisce se è necessaria una ispezione dei prodotti importati. Le modalità e il luogo dell’ispezione cambiano in base al tipo di prodotto.

In fine, se tutti gli obblighi doganali sono stati eseguiti e tutte le tasse d’importazione pagate, i beni importati saranno rilasciati. In alcuni casi, i beni importati possono essere rilasciati prima della finalizzazione di tutte le formalità doganali se l’importatore fornisce una garanzia.

Agente commerciale

Un altro metodo indiretto per importare e distribuire prodotti in Cina è quello di avvalersi della collaborazione di un agente commerciale. Questo metodo (o strategia) di ingresso nel mercato cinese, attualmente risulta essere il più inefficiente e inaffidabile, specialmente se considerato alla luce del nuovo scenario creato dal commercio elettronico e dalle vendite su internet.

Innanzitutto, gli agenti commerciali, a causa di alcune restrizioni legali, sono più simili agli uffici di rappresentanza.

Come un ufficio di rappresentanza, infatti, un agente commerciale non può firmare contratti legalmente vincolanti. Gli agenti commerciali non possono acquistare e rivendere i prodotti dell’importatore. Un agente commerciale può soltanto compiere attività di promozione dei prodotti dell’importatore, introdurre buyers all’importatore, compiere attività finalizzate alla facilitazione delle vendite in Cina.

Inoltre, un agente commerciale solitamente non è titolare di una licenza di import/export, e, pertanto, è costretto a rivolgersi al titolare di una licenza, pagando una commissione che poi sarà rimborsata dall’importatore straniero.

Infine, gli agenti commerciali non hanno l’esperienza e interesse necessari (a differenza di un ufficio di rappresentanza della stessa società straniera in territorio cinese) per garantire che un marchio straniero e il suo avviamento siano adeguatamente protetti, così come non possono garantire che le attività di marketing e tutte quelle attività finalizzate a raggiungere il mercato siano condotte in modo professionale e con risultati.

B) Metodo diretto. Società straniere di trading

Le aziende straniere che vogliono importare e distribuire i loro prodotti e/o servizi in Cina direttamente, possono costituire una società commerciale detta Foreign-invested Commercial Enterprise (FICE).

Una FICE è un tipo di società straniera in Cina che può condurre attività commerciali e di distribuzione senza l’obbligatoria presenza di un partner-buyer-agente commerciale cinese.

Le possibilità di una FICE sono state ulteriormente ampliate dalle nuove misure per gli investimenti stranieri nel commercio emanate dal Ministero del Commercio cinese (Aprile, 2014).

Secondo le nuove misure, le FICE possono ora: distribuire in Cina prodotti fabbricati sia da imprese locali che importati attraverso i loro propri distributori all’ingrosso, al dettaglio o attraverso il sistema del franchising; fornire una serie di servizi correlati quali ad esempio lo stoccaggio, magazzinaggio e servizi di garage, gestione del magazzino, riparazione, manutenzione, formazione del personale e consegna merci; vendita all’ingrosso e operazioni di agenzia con commissioni.

Distribuzione in Cina: Distribuzione all’ingrosso (Wholesale), Distribuzione al dettaglio (Retail), Franchising, Vendita diretta con o senza una presenza permanente in Cina, E-commerce

Distribuzione all’ingrosso (Wholesale)

Come per l’importazione di beni, la distribuzione all’ingrosso può essere gestita direttamente o indirettamente. In quest’ultimo caso, la società straniera contratta una società cinese che agisce come distributore del fornitore estero, rivendendo i prodotti esteri ad altri distributori o dettaglianti cinesi.

Se una società straniera vuole stabilire la sua indipendente distribuzione all’ingrosso in Cina, può costituire una FICE nella forma di società a capitale interamente straniero (WFOE), e trattare direttamente con i rivenditori e distributori cinesi “in Cina”.

Fatte salve alcune eccezioni nei settori dell’olio, sale, tabacco e fertilizzanti, una wholesale FICE può distribuire come grossista senza il coinvolgimento di agenti terzi o altre organizzazioni, e compiere le seguenti azioni:

  • acquistare e rivendere beni attraverso una società cinese o un’altra società straniera in Cina, emettere fattura, emettere fattura con iva e chiedere compensazione/rimborso dell’iva

  • comprare e vendere beni da/a una società straniera situata in Cina e fuori dalla Cina, e condurre direttamente tutte le procedure di sdoganamento

  • eseguire servizi di post-vendita e di riparazione e manutenzione, così come comprare o vendere parti e componenti accessori per i servizi di post-vendita.

Distribuzione al dettaglio (Retail)

Da dicembre 2004, le società straniere in Cina possono svolgere direttamente attività di distribuzione al dettaglio, costituendo una “retail FICE”.

Una retail FICE può condurre le seguenti attività:

  • Retailing (distribuzione e vendita al dettaglio)

  • Importare direttamente merce per la distribuzione e vendita al dettaglio

  • Acquistare merce ed esportarla se i beni sono prodotti in Cina

  • Vendere attraverso il telemarketing, per corrispondenza, su internet e per mezzo di distributori automatici

  • Fornire e svolgere tutti i servizi correlati alle attività sopra menzionate.

Franchising

Il quadro normativo del franchising in Cina, è dato essenzialmente dalle seguenti leggi e regolamenti che si applicano a tutti gli operatori commerciali in franchising: Regolamento del Franchising, Legge sui contratti, Legge Anti-Monopolio e altre correlate leggi antitrust.

In base al Regolamento del Franchising, un franchisor deve avere i seguenti requisiti:

  • essere una società  

  • essere capace di fornire all’affiliato-franchisee supporto, guida e formazione per un lungo periodo di tempo

  • essere titolare almeno di due negozi gestiti direttamente per un anno

  • avere un modello di gestione e operativo ben consolidato.

Il contratto di franchising in Cina è definito come “un accordo mediante il quale il franchisor, mediante contratto, autorizza il franchisee a utilizzare le sue risorse operative, come il suo marchio, nome commerciale, brevetto, know-how;… e il franchisee svolge l’attività commerciale in conformità con il modello standardizzato del franchisor e paga i diritti come stabilito nel contratto di franchising.”.

Il modello del franchising si caratterizza per il particolare metodo di vendita dell’affiliato-franchisee. Questo metodo prevede l’utilizzo di marchi di fabbrica, e obbliga il franchisor a fornire assistenza tecnica e/o commerciale al franchisee. Il franchisor deve astenersi dal compiere atti di concorrenza, mentre il franchisee può acquistare prodotti e servizi solo dal franchisor o da altro soggetto designato dal franchisor.

Un accordo di franchising, per essere valido in Cina, deve essere oggetto di un contratto scritto contenente un elenco di elementi e  le relative disposizioni che disciplinano tali elementi come ad esempio, la natura del franchising, le commissioni e/o canoni, gli atti a tutela del consumatore, la responsabilità in caso di inadempimento contrattuale.

Ci sono diverse disposizioni imperative, inoltre, a tutela del franchisee che devono essere incluse nel contratto, così come un certo numero di obblighi informativi precontrattuali.

Alcune misure amministrative attuative del regolamento di franchising aggiungono, come ulteriori requisiti sostanziali per la validità del contratto, gli obblighi di informativa circa una lunga lista dettagliata di elementi, e, sempre ai fini della validità del contratto, è richiesta la registrazione del contratto presso il ministero del commercio (MOFCOM).

Il franchisor deve rispettare gli obblighi di informativa, fornendo le informazioni rilevanti per l’affiliato, almeno 30 giorni prima della firma da parte del franchisee del contratto di franchising, e almeno 30 giorni prima del rinnovo del contratto, a meno che il contratto di franchising è rinnovato alle stesse condizioni del contratto precedente.

La mancata ottemperanza degli obblighi di informativa o fornire informazioni false al franchisee, anche se involontariamente, dà diritto all’affiliato di recedere dal contratto di franchising.

Vendita diretta con una presenza permanente in Cina

La vendita diretta in Cina è regolata dal Regolamento dell’Amministrazione della vendita diretta, e dal Regolamento sul divieto di vendita piramidale.

Secondo il regolamento delle vendite dirette, la vendita diretta è definita come un “metodo di distribuzione per cui, un venditore, direttamente reclutato da una società di vendita diretta, promuove il suo prodotto, al di fuori di qualsiasi sede fissa di affari, direttamente a un consumatore finale.”

I prodotti consentiti per la vendita diretta in Cina sono:

  • cosmetici

  • strumenti e apparecchi sanitari

  • integratori alimentari

  • prodotti detergenti per la pulizia

  • prodotti per l’igiene personale

  • prodotti per l’uso quotidiano

  • stoviglie e attrezzi da cucina.

Un venditore diretto può vendere solo i prodotti della società di vendita diretta, o della società controllata/controllante o di partecipazione della società di vendita diretta che ha reclutato il venditore diretto.

Le società di vendita diretta sono soggette ai seguenti obblighi e requisiti di licenza:

  • Gli investitori devono avere una buona reputazione commerciale e non vi deve essere alcuna traccia di violazione delle principali leggi penali e civili cinesi negli ultimi cinque anni precedenti all’istanza per ottenere una licenza per la vendita diretta

  • Se l’investitore è un investitore straniero, deve avere almeno tre anni di esperienza nelle attività di vendita diretta al di fuori della Cina

  • Se la società è una società straniera in Cina, occorre che sia stato versato (o versare) un capitale sociale di 80 milioni di RMB (fatte salve alcune eccezioni)

  • Una cauzione (bond) di 20 milioni di RMB deve essere stata totalmente versata presso una banca designata al momento della registrazione della società

  • I sistemi e i modi di comunicazione e informazione devono essere istituiti in conformità con le leggi cinesi.

Il MOFCOM è l’autorità competente per l’approvazione di qualunque costituzione di società a capitale interamente straniero coinvolta nella vendita diretta in Cina.

Una WFOE deve obbligatoriamente stabilire una sua filiale-punto vendita in tutte le province dove intende condurre l’attività di vendita diretta.

Lo scopo del punto vendita è quello di fornire informazioni ai clienti circa i prezzi, le politiche di rimborso e reso, e i servizi post-vendita. Ogni filiale e/o punto vendita devono soddisfare i requisiti previsti dalle autorità locali.

Vendita diretta senza una presenza permanente in Cina

La maggior parte delle piccole medie imprese straniere e degli imprenditori individuali stranieri, utilizza una società offshore per vendere i loro prodotti direttamente in Cina. 

Secondo questo modello, le vendite sono effettuate direttamente dalla società offshore, che solitamente è una società registrata in Hong Kong, ai buyers cinesi. Questo modello, tuttavia,  comporta diversi problemi i quali devono essere valutati attentamente.

Innanzitutto, secondo questa struttura, si svolge attività commerciale in Cina (se le attività di vendita sono effettuate in territorio cinese) senza le dovute obbligatorie autorizzazioni e registrazioni, divenendo pertanto passibili di forti sanzioni da parte delle filiali locali dell’Amministrazione Statale dell’Industria e Commercio (SAIC).

Inoltre, la società straniera, i fornitori stranieri, il loro personale, i loro prodotti e marchi, e tutti i relative diritti nascenti dall’attività commerciale, non ricevono tutela legale in sede giudiziaria, perché derivanti e/o connessi a uno status irregolare e condotte illecite.

Commercio elettronico (e-commerce)

Il settore del commercio elettronico, è, attualmente, uno dei settori più in rapida crescita in Cina. Il successo globale di Alibaba Group e l’imponente crescita delle vendite online, hanno dimostrato le straordinarie potenzialità delle piattaforme digitali in Cina.

Tuttavia, le aziende straniere in Cina sono soggette ad alcune limitazioni nel settore e-commerce (oltre alla censura del governo di alcuni motori di ricerca e social network).

Il quadro normativo di riferimento è ancora confuso e incompleto. Per esempio, una società straniera che vuole vendere i propri prodotti utilizzando la propria piattaforma online deve obbligatoriamente registrare la piattaforma online e richiedere un’apposita licenza. Se l’azienda straniera ha (o vuole aprire) una piattaforma online che permette a terzi di aprire e visualizzare i propri negozi online e vendere i propri prodotti (es. Taobao), è necessaria una licenza.

Attualmente però, una società straniera non ha diritto a tale licenza e, in un caso, il MOFCOM ha bloccato il servizio (piattaforma) online di un’azienda straniera in Cina, e ha trasferito la titolarità della relativa licenza per la vendita online a un ente di controllo cinese (caso Wal-mart Stores Inc.).

Un altro problema-limitazione è che poche società di e-commerce cinesi sono in grado o disposte a svolgere anche le attività di sdoganamento e i servizi  post-vendita associati alle merci importate. I portali cinesi fanno molto affidamento sulle grandi società di logistica straniere o in partnership con aziende cinesi, per garantire i servizi di spedizione, post-vendita, ecc.

Di conseguenza, una strategia o modello di e-commerce in Cina per le aziende straniere non può funzionare se non si costituisce una società permanente nel luogo o luoghi dove si vuole vendere e, non si ha un’adeguata struttura logistica e di distribuzione.

Occorre infine ricordare che, a partire da aprile 2012, sono state introdotte nuove regole più restrittive per lo sdoganamento e il trasporto di merci estere, e per le vendite online. In base alle nuove norme, per esempio, le società di logistica sono tenute a passare attraverso un canale doganale speciale, per controllare il rispetto e l’applicazione delle nuove regole. Inoltre, ai beni per uso personale che sono valutati più di 5.000 RMB viene applicato un dazio del 10 per cento, oltre IVA.

Strutture societarie straniere per la distribuzione in Cina: Ufficio di Rappresentanza, Filiali, Società a capitale interamente straniero (Wholly Foreign Owned Enterprise-WFOE), Cooperative Joint Venture (CJV), Equity Joint Venture (EJV), Foreign-Invested Partnership Enterprise (FIPE)

I fornitori stranieri possono vendere direttamente ai distributori cinesi e stranieri in Cina o, condurre direttamente attività di distribuzione stabilendo in Cina filiali, uffici di rappresentanza, partnerships, società straniere e joint ventures.

Ufficio di Rappresentanza

Un ufficio di rappresentanza (RO) è un soggetto non dotato di personalità giuridica autonoma operante in Cina, il quale, rappresenta la sua società madre collocata all’estero.  Un RO non è autorizzato a, e dunque, non può:

  • condurre attività commerciali (business) direttamente

  • ricevere denaro e/o emettere fattura all’interno del territorio cinese per i prodotti e/o servizi della società madre

  • rappresentare altre aziende diverse dalla società madre

  • comprare proprietà immobiliari o importare attrezzature per la produzione

  • firmare contratti per conto della società madre.

Un RO può soltanto:

  • compiere ricerche di mercato

  • svolgere presentazioni e tutte le attività promozionali relative ai prodotti e/o servizi della società madre

  • svolgere attività finalizzate alla vendita

  • fornire servizi

  • approvvigionarsi da aziende cinesi.

Al fine di operare come un’entità permanente in Cina, un RO può anche:

  • affittare locali commerciali e residenziali

  • ottenere permessi di lavoro e permessi di soggiorno per i dipendenti stranieri dell’ufficio di rappresentanza

  • usare loghi e marchi aziendali presso i locali commerciali/uffici dell’ ufficio di rappresentanza

  • usare i biglietti da visita (business cards) riferite all’ufficio di rappresentanza e ai suoi dipendenti

  • aprire (essere titolare) un conto bancario presso una banca situata nel territorio della repubblica popolare cinese

  • organizzare viaggi per i dipendenti dell’ufficio di rappresentanza, i dipendenti della società madre e i potenziali clienti.

Filiale

Una società straniera può aprire una propria filiale in Cina. Tuttavia, per le attività di distribuzione, questa opzione è disponibile, per le imprese straniere, solo in pochi settori (banche commerciali o attività di esplorazione petrolifera).

Se una società estera ha stabilito una società controllata cinese, ad esempio nelle forme di EJV o WFOE, la società controllata può creare una propria o più proprie filiali in Cina, le quali consentono alla società controllata di svolgere attività in diverse località cinesi.

La società controllata cinese e la sua filiale, non sono separate entità giuridiche e, la controllata, sarà responsabile per le obbligazioni della filiale. Tuttavia, a differenza degli uffici di rappresentanza, le filiali sono autorizzate a svolgere attività che generano entrate.

Società a capitale interamente straniero - Wholly Foreign Owned Enterprise (WFOE)

Una società a capitale interamente straniero in Cina, nota come wholly foreign owned enterprise (WFOE), è una società a responsabilità limitata di proprietà straniera e gestita da un investitore straniero o da una combinazione di investitori stranieri in Cina.

Attualmente è possibile costituire in Cina i seguenti tipi di WFOE:

  • Manufacturing WFOE. Le aziende manifatturiere straniere in Cina sono sempre state incoraggiate dal governo cinese attraverso incentivi fiscali, basso costo del lavoro, nonché infrastrutture e trasporti molto efficienti. Per WFOE manifatturiere solitamente si intendono le aziende impegnate nei settori della produzione di macchinari industriali, high-tech ed elettronica, edilizia e materiali da costruzione, attrezzature mediche e di trasporto. La procedura per costituire una WFOE manifatturiera è la più complessa. A differenza di altri tipi di WFOE, si dovrà passare attraverso diverse ispezioni da parte dell’amministrazione dell’industria e del commercio, e sarà necessaria l’approvazione da parte del Environmental Protection Bureau.

  • Service o Consulting WFOE. Una service WFOE è una società che fornisce servizi tecnici o servizi di consulenza a terzi su materie come lo sviluppo di tecnologia, il trasferimento di tecnologia o in più generale su tecnologia. Una consulting WFOE è una società che fornisce servizi di consulenza professionale in determinati settori quali quello legale, contabile/fiscale, assicurativo, turismo, istruzione, business management. Questi tipi di WFOE sono più facili da costituire e registrare perché richiedono un capitale inferiore e un periodo più breve rispetto a quelli previsti per le FICE o manufacturing WFOE.

  • Foreign Invested Commercial Enterprise (FICE). Una FICE è definita come una società di investimento straniera impegnata nelle seguenti attività commerciali: agenzia con commissione, wholesale business, retail business, franchise business.

Equity Joint Venture e Cooperative Joint Venture

Una Equity Joint Venture (EJV) è una società dotata di personalità giuridica autonoma e responsabilità limitata. Gli investitori contribuiscono al capitale sociale e dividono le perdite e i profitti in percentuale pari alla loro percentuale di capitale sociale conferito.

I conferimenti del capitale sociale possono essere in denaro o in beni in natura, intendendosi questi ultimi come i diritti di uso del suolo, beni immobili, beni immateriali o attrezzature.

Statisticamente, la quota di partecipazione detenuta dall’investitore straniero in una EJV in Cina è di almeno il 25 per cento. Durante la durata della EJV, le parti non possono ritirare i loro contributi dal capitale sociale o, in alternativa, trasferire o assegnare le loro partecipazioni ad altri soci o nuovi soci, senza la previa approvazione del governo locale. Qualsiasi trasferimento di quote di partecipazione è soggetto al consenso degli altri partners della EJV. Il Consiglio di Amministrazione è la massima autorità nella gestione di una EJV.

La funzione di rappresentante legale di una EJV in Cina, può essere svolta dal presidente del consiglio di amministrazione o da uno degli altri membri del consiglio di amministrazione, siano essi di nazionalità cinese o straniera.

I potenziali svantaggi di una EJV in Cina per gli investitori stranieri sono: i tempi relativamente lunghi necessari alla negoziazione e formazione di una EJV, l’alta percentuale di rischio della perdita del controllo sulla proprietà intellettuale e/o il furto della proprietà intellettuale e delle informazioni riservate della società partner straniera.

Una Cooperative Joint Venture (CJV) può essere costituita in forma di società dotata di personalità giuridica e responsabilità limitata, oppure come entità sprovvista di personalità giuridica e senza il beneficio della responsabilità limitata. Tuttavia, sebbene la legge consente di costituire una CJV senza personalità giuridica e responsabilità limitata, in pratica, le autorità governative locali preposte all’approvazione della CJV non approveranno la registrazione e pertanto la validità della CJV.

L’ordinamento giuridico cinese consente una certa flessibilità nella struttura di una CJV. Il rapporto di partecipazione agli utili non deve necessariamente riflettere il rapporto di proprietà dei conferimenti e di distribuzione delle perdite di ciascun investitore, e può essere liberamente stabilito dagli investitori nel contratto di joint venture. Le parti possono anche stabilire “condizioni di cooperazione”, senza apportare conferimenti per il capitale sociale della CJV.

La massima autorità nella gestione di una CJV a responsabilità limitata è il consiglio di amministrazione. Se una CJV non ha una personalità giuridica distinta e autonoma da quella dei soci, la sua massima autorità è un comitato di gestione congiunta. Il consiglio di amministrazione e il comitato di gestione congiunta, devono essere composti almeno da tre membri, e ogni membro può essere di nazionalità cinese o straniera.

Foreign-Invested Partnership Enterprise (FIPE)

Una Foreign-Invested Partnership Enterprise (FIPE) consente una certa flessibilità in termini di conferimento di capitale e di distribuzione degli utili.

I partner possono eseguire i conferimenti in denaro o in beni in natura, come lavoro, proprietà intellettuale e know-how, diritti di uso del suolo, diritti di proprietà su immobili o altri diritti di proprietà. Gli investitori stranieri possono apportare il loro contributo sia in valute estere convertibili sia in RMB legittimamente acquistati.

La distribuzione degli utili deve essere disciplinata nell’accordo-contratto di partnership, e la ratio della distribuzione degli utili e delle perdite può non corrispondere alla ratio dei conferimenti di capitale di ciascun partner.

Le restrizioni esistenti per le società straniere in certi settori industriali in Cina, valgono anche per la FIPE. Attualmente è possibile stabilire i seguenti tipi di partnership:

  • General partnership. Una general partnership è costituita da due o più soci con responsabilità illimitata e solidale per i debiti e le obbligazioni della partnership.

  • Limited partnership. Una limited partnership è costituita da una combinazione di soci con responsabilità illimitata e solidale per i debiti e le obbligazioni della partnership, e soci responsabili per i debiti e le obbligazioni della partnership in proporzione alla loro quota di partecipazione.

  • Special general partnership. Una special general partnership in Cina, è una general partnership, con il requisito di “specialità” dell’oggetto sociale. Questo tipo di partnership, infatti, deve fornire servizi di consulenza professionale (studi legali, architettura, commercialisti etc.). Come nella general partnership, i partners sono tutti responsabili in solido e illimitatamente, anche se la legge prevede una norma a tutela dei soci contro la responsabilità per dolo o colpa grave imputabile all’altro o altri partners.

Tasse applicabili e tipiche conseguenze fiscali delle diverse strategie in Cina

Il nuovo sistema di imposta sul reddito d’impresa cinese, entrato in vigore il 1° gennaio 2008, ha semplificato molte procedure fiscali e ha unificato il regime fiscale per le imprese nazionali e straniere, applicando le stesse norme a tutte le società di investimento straniere in territorio cinese e alle imprese cinesi.

Nei contratti di distribuzione, le nuove tasse e il nuovo regime possono riguardare sia il fornitore che il distributore. Pertanto, anche se non vi è nessun obbligo di includere in un contratto di distribuzione clausole relative alle tasse e al pagamento delle tasse, si consiglia di controllare chi è tenuto legalmente ad adempiere in Cina a tali obblighi, e in caso di assenza o poca chiarezza normativa, includere chiare disposizioni al riguardo nel contratto di distribuzione.

Le imposte più rilevanti per la distribuzione sono:

  • Dazi doganali

  • IVA

  • Imposta sul consumo

  • Imposte sul reddito d’impresa

  • Imposta di bollo.

Gli investitori stranieri devono saper valutare (e bilanciare) i vantaggi e svantaggi delle diverse conseguenze fiscali derivanti dalla struttura societaria e strategia scelta per distribuire prodotti e/o servizi in Cina.

Un esempio tipico è la differenza del trattamento fiscale (non solo fiscale) tra il cosiddetto “Subsidiary Model” e “Branch Model”

Una società straniera con sede in Cina, può operare in una giurisdizione diversa da quella della sede centrale, attraverso la costituzione di una società controllata (Subsidiary Model) o di un ramo di azienda-filiale (Branch Model).

Con il subsidiary model, la società controllata è tenuta a una dichiarazione del suo reddito indipendente da quella del suo quartier generale, e paga le relative tasse all’autorità fiscale locale della giurisdizione dove opera. Sotto il branch model, invece, la società madre/quartier generale è tenuta a una dichiarazione del suo reddito consolidata con quello delle sue filiali, e il pagamento delle relative tasse può essere diviso e pagato alle diverse autorità fiscali locali delle diverse giurisdizioni locali dove le sue filiali operano.

Tuttavia, la divisione e il pagamento delle tasse nel branch model avviene secondo un calcolo predefinito e, dunque, il trattamento fiscale delle filiali potrebbe risultare meno favorevole rispetto a quello delle società controllate nel subsidiary model.

Nel branch model, la società madre può costituire filiali soggette al pagamento delle tasse e filiali non-contribuenti, a patto che quest’ultime, non svolgano “funzioni aziendali primarie” (fabbricazione, produzione, vendita) o attività soggette al pagamento dell’IVA.

Tuttavia, la filiale non contribuente può svolgere importanti funzioni aziendali interne o ausiliari, quali ad esempio ricerca e sviluppo (R&D) o supporto logistico, a patto che la filiale non si trovi nella stessa provincia del quartier generale.

Per quanto riguarda le perdite, nel subsidiary model, se il quartier generale e/o una delle sue società controllate producono perdite durante l'anno in corso, l’attuale perdita non può essere compensata dagli utili prodotti durante lo stesso anno dalle altre società controllate (o dal quartier generale). Se si adotta il branch model, invece, la società madre può compensare le perdite prodotte dal quartier genere o dalle sue filiali.

Per quanto riguarda l’IVA, se le merci sono trasferite internamente dal quartier generale alla sua filiale per la vendita, il trasferimento interno potrebbe essere tassato immediatamente. Le filiali che vendono a clienti finali, secondo il nuovo regime IVA, possono chiedere il rimborso dell’IVA.

Restrizioni sui cambi valuta straniera

Nonostante le recenti nuove norme sulle operazioni bancarie transfrontaliere emanate dal China’s State Administration of Foreign Exchange (SAFE), ci sono ancora alcune restrizioni e procedure per il trasferimento di denaro fuori dal paese e sullo scambio di valuta estera dentro e fuori il territorio cinese. Tali restrizioni dovrebbero essere tenute in considerazione dalle società straniere che svolgono attività di distribuzione.

Queste restrizioni, infatti, comportano il rischio di “liquidità in trappola” in Cina, nel senso che il denaro liquido non può essere trasferito facilmente all’estero e senza pagare svantaggiose commissioni per il cambio valuta.

Il contratto di distribuzione

Attraverso un contratto di distribuzione, l’investitore straniero rende reale/concreta la sua pianificata strategia di ingresso nel mercato cinese.

Tuttavia, molte imprese straniere hanno dovuto affrontare diversi problemi o hanno fallito nella distribuzione dei loro prodotti e/o servizi, a causa di errori commessi proprio al momento della stesura del contratto di distribuzione.

Gli errori tipici delle imprese straniere nei loro contratti di distribuzione in Cina sono: la mancanza di chiarezza delle condizioni contrattuali e dello scopo generale del contratto; la non inclusione di alcune disposizioni chiare, precise e dettagliate; l’interpretazione non corretta dell’ordinamento giuridico cinese e del sistema di contenzioso cinese.

Per esempio, molti distributori o franchisee, utilizzano i cosiddetti “Standard Form Contracts” o “Contracts of Adhesion”, senza prestare attenzione alle disposizioni contenute in questi tipi di contratti, la loro corretta interpretazione “in Cina” e le loro conseguenze-effetti legali “in Cina”.

Il diritto contrattuale cinese protegge le parti contrattuali da alcuni tipi di disposizioni che escludono l’utente da qualsiasi responsabilità, aumentano la responsabilità di una delle parti o escludono importanti diritti dell’altra parte.

Le disposizioni che limitano o eliminano la responsabilità di una delle parti, quando sono ammesse dall’ordinamento giuridico cinese, devono essere conosciute e chiaramente esposte all’altra parte, al fine di essere valide.

Le imprese straniere devono prestare particolare attenzione, anche durante la fase iniziale delle trattative o negoziati. Un esempio tipico, è quello del diverso valore legale attribuito a due atti tipici della fase iniziale pre-contrattuale, lettera di intenti (LOI-letter of Intent) e memorandum di intese (MOU-memorandum of Understandings).

Se in alcuni paesi come gli Stati Uniti, tali atti non hanno alcun valore giuridico vincolante, e le parti sono libere di interrompere i negoziati-trattative senza alcuna formalità, in Cina, quando ricorrono alcune circostanze, una LOI e un MOU possono essere causa di responsabilità precontrattuale, obbligando una delle parti ad alcuni adempimenti.

Le più importanti clausole di un contratto di distribuzione in Cina sono:

  • Clausole di acquisto esclusivo e divieto di concorrenza. Le imprese straniere devono valutare attentamente, in relazione ai loro prodotti e obiettivi in Cina, la convenienza (o meno) della scelta di concedere l’esclusiva al distributore cinese in Cina. La clausola di acquisto esclusivo, solitamente, serve a limitare la concorrenza in una determinata area più o meno estesa. Tuttavia, l’esclusività non è sempre la soluzione migliore per una società straniera. A volte una soluzione più conveniente potrebbe essere quella di subordinare la concessione dell’esclusiva alla condizione che la società locale cinese “costantemente” soddisfi o raggiunga/superi gli obiettivi di vendita concordati. Se la società cinese non riesce a soddisfare questi obiettivi, la società estera può risolvere il contratto di distribuzione o, in alternativa, continuare il contratto, ma su base non esclusiva, permettendo la distribuzione dei propri prodotti ad altri distributori nella stessa area. Una clausola di non concorrenza, impedisce al distributore di vendere, rivendere, produrre o acquistare, prodotti in grado di competere con i prodotti del fornitore. Una clausola di non concorrenza può produrre gli stessi effetti di una clausola di acquisto esclusivo. Infatti, una clausola di non concorrenza obbliga il distributore ad acquistare e rivendere prodotti solo del fornitore. Se il distributore acquista o produce, e poi vende prodotti che competono con quelli forniti dal fornitore, il distributore avrà violato l’obbligo di non concorrenza. Tuttavia, i regolamenti del SAIC vietano a un fornitore qualificato dalle leggi cinesi come fornitore in “posizione dominante”, di obbligare, senza giustificazione, un distributore ad acquistare e vendere solo merce del fornitore dominante o di altri fornitori designati dal fornitore dominante.

  • Obblighi del distributore. È di buona prassi includere, tra gli obblighi del distributore cinese, disposizioni dettagliate in materia di sviluppo del mercato, pubblicità e marketing, e di tutte quelle attività finalizzate a far conoscere i propri prodotti (e l’azienda produttrice) ai consumatori cinesi, e a distinguerli dagli altri prodotti concorrenti. Infatti, uno degli obiettivi principali delle imprese straniere, è quello di raggiungere il consumatore cinese ed essere sicuri che egli sappia riconoscere, distinguere e scegliere il prodotto (e la sua azienda) originale dagli altri prodotti simili concorrenti e spesso contraffatti.

  • Titolarità dei diritti della proprietà intellettuale. Le difficoltà incontrate dalle aziende straniere per proteggere la loro proprietà intellettuale in Cina, sono ben note. È bene ricordare che l’ordinamento giuridico cinese riconosce e tutela soltanto i diritti di proprietà intellettuale registrati in Cina secondo la regola "first-to-file". I diritti non registrati in Cina o una registrazione straniera, non hanno alcun effetto legale in Cina. È importante, dunque, includere nei contratti di distribuzione clausole e disposizioni volte a tutelare tali diritti, tra cui, ad esempio, una dichiarazione da parte del distributore dove egli dichiara di non avere alcun interesse o diritto ai marchi del fornitore, oppure, concedere una licenza limitata a favore del distributore, o porre il divieto di apporre sui propri prodotti altri marchi, nomi commerciali o segni. La concessione in licenza del marchio può essere utile per la società madre a “conservare” la proprietà del marchio e controllare l’uso di esso. Il contratto di licenza del marchio può essere a titolo esclusivo o non esclusivo. La licenza esclusiva, impegna il titolare del diritto a non concedere la licenza ad altri ovvero a non sfruttare direttamente il diritto nell’ambito territoriale riservato al licenziatario. La licenza non esclusiva consente al titolare del diritto ovvero ad altri licenziatari di sfruttare economicamente la licenza all’interno del medesimo ambito territoriale concesso al licenziatario.

  • Clausola di confidenzialità: segreti commerciali e di stato. È importante includere nel contratto di distribuzione un obbligo generale di riservatezza in relazione alle informazioni acquisite e comunicate durante il rapporto commerciale tra le parti. Tuttavia, quando si vogliono proteggere alcune informazioni ritenute riservate, ma che devono essere fornite ai dipendenti di entrambe le parti, si consiglia di stabilire i soggetti che possono accedere a tali informazioni e disciplinare l’uso di tali informazione da parte dei soli soggetti autorizzati, inserendo, pertanto, in aggiunta a un obbligo di riservatezza e confidenzialità anche un divieto di divulgazione di tali informazioni. Se un fornitore straniero, o i suoi distributori, svolgono attività commerciali con una società statale cinese (le già menzionate SOE), occorre sapere quali sono le informazioni commerciali classificate come riservate o segrete della SOE, ed essere sicuri sulle corrette procedure per raccogliere, elaborare e divulgare tali informazioni. Più precisamente, nel 2010, il China’s State-Owned Assets Supervision, l’Administration Commission e lo State Council, hanno introdotto nuove regole che riclassificano i segreti commerciali delle SOE in segreti di stato. Dunque, le informazioni che prima erano considerate semplici informazioni commerciali segrete, includendo anche le informazioni tecniche e le informazioni circa le attività nei mercati dove le SOE operano, ora sono considerate segreti di stato protetti dalle leggi penali. È bene, dunque, includere nel contratto di distribuzione una clausola di garanzia con la quale il distributore garantisce che nessun documento fornito al fornitore straniero contiene segreti di stato (ex commerciali) o, in caso di segreti di stato, il distributore ha l’obbligo di descrivere dettagliatamente tutti i segreti di stato contenuti nei documenti, le procedure di raccolta, comunicazione e divulgazione al-del fornitore dei segreti di stato e che dette procedure sono in conformità con le leggi. Sempre in tema di segreti commerciali, occorre ricordare di includere nel contratto di distribuzione disposizioni che disciplinano la titolarità del diritto di agire in giudizio in caso di violazione di segreti commerciali (si pensi al caso di un dipendente del distributore che abbia iniziato un’attività concorrente utilizzando le informazioni commerciali riservate del distributore e/o del fornitore, chi agirà in giudizio, il distributore o il fornitore?). Nel 2007, la Corte Suprema della Cina ha stabilito che, se un distributore/franchisee è titolare di una licenza esclusiva per l’uso di un segreto commerciale, tale distributore/franchisee può, senza l’intervento o la conoscenza del proprietario del segreto commerciale, unilateralmente, presentare un ricorso per violazione del segreto commerciale.

  • Termine (durata del contratto). Le parti devono decidere se la società cinese locale sarà il distributore a tempo determinato o indeterminato (in quest’ultimo caso la risoluzione del contratto è soggetta a preavviso in forma scritta entro un termine stabilito dalle parti). Qualora sia stata concessa, o si vuole concedere al distributore cinese, il diritto di esclusiva, non è consigliabile stipulare un contratto a tempo determinato, a meno che, il fornitore includa clausole risolutive del contratto prima del termine fissato, per delle violazioni, indicate nel contratto, del distributore.

  • Terminazione (risoluzione del contratto). Il contratto di distribuzione deve indicare le circostanze e le conseguenze in cui, una o entrambe le parti, vogliono recedere dal contratto prima della scadenza del termine fissato. Le disposizioni tipiche solitamente includono: il diritto delle parti di regolare e saldare  i conti, l’opzione per la società straniera di annullare le spedizioni di prodotti, l’obbligo per il distributore di restituire o distruggere tutti i materiali pubblicitari e promozionali, l’obbligo di cessare di presentarsi come il distributore della società straniera e dei suoi prodotti. Solitamente si concede al distributore cinese il diritto di poter rivendere le rimanenze di magazzino, a meno che (clausola molto comune in Cina) il fornitore non si sia impegnato a riacquistare le rimanenze.

La legge anti-monopolio sulla distribuzione: Fornitori e distributori in posizione dominante, Rivenditori e grande distribuzione, I fornitori della grande distribuzione

La legge anti-monopolio cinese (Anti-Monopoly Law “AML”), entrata in vigore nel mese di agosto 2008, è sostanzialmente equivalente al diritto della concorrenza dell’Unione europea e alle leggi antitrust degli Stati Uniti.

La AML definisce le condotte monopolistiche come “…accordi, decisioni o altri comportamenti concertati che eliminano o limitano la concorrenza; l’abuso della posizione dominante sul mercato; e le concentrazioni quali fusioni, acquisizioni e joint venture che possono avere l’effetto di eliminare o limitare la concorrenza.”.

Le sanzioni previste dalla AML per le violazioni delle sue disposizioni sono diverse. Una società può essere sanzionata con una multa pari (fino a) al 10 per cento del suo fatturato annuale, con la confisca dei profitti illeciti e azioni di risarcimento da parte dei vari soggetti danneggiati dalle condotte monopolistiche. Gli accordi monopolistici sono dichiarati nulli e inapplicabili.

Dunque, un fornitore o distributore in posizione dominante in Cina, è soggetto anche alle regole dettate dalla AML. Secondo l’AML c’è una presunzione di posizione dominante, e dunque, il soggetto in posizione dominante è tenuto ad adempiere a ulteriori obblighi di legge, nelle seguenti situazioni:

  • La quota di mercato del fornitore o del distributore è pari o superiore al 10 per cento, e il fornitore e altre due imprese assieme occupano il 75 per cento o più del mercato

  • La quota di mercato del fornitore o del distributore è pari o superiore al 10 per cento, e il fornitore e un’altra impresa assieme occupano il 66,6 per cento (due terzi) o più del mercato

  • La quota di mercato del fornitore o del distributore è pari o superiore al 50 per cento.

Nei casi in cui, un tribunale o l’autorità amministrativa, dichiara che un fornitore o distributore si trovano in posizione dominante perché sono ravvisabili una o più delle condizioni sopra menzionate, spetta al fornitore o al distributore dimostrare la non sussistenza di quella o quelle condizioni.

Esempi di obblighi di legge imposti dalla AML su un fornitore o distributore in posizione dominante sono: il divieto, senza giustificazione, all’impresa dominante di rifiutare di commerciare con un operatore commerciale, costringendo e limitando un operatore commerciale a commerciare solo con il fornitore dominante o il distributore dominante; il divieto di discriminazione dei prezzi o trattamento dei clienti.

Le Administrative Measures on the Sales Promotions of Retailers (Retailer Promotion Measures), e le Administrative Measures for Fair Transactions Between Retailers and Suppliers (Fair Retail Transaction Measures) regolano gli accordi tra i retailers, i grandi retailers e i loro fornitori.

Le Retailer Promotion Measures, le quali si applicano a quasi tutti i distributori al dettaglio, indipendentemente dalla loro dimensione o entrate, contengono regole severe su come possono essere condotte le vendite promozionali. Le Fair Retail Transaction Measures, le quali si applicano solo alla grande distribuzione, impongono rigidi requisiti sulle vendite e rapporti commerciali tra i grandi distributori al dettaglio e i loro fornitori.

Ad esempio, una grande società di distribuzione al dettaglio è fortemente limitata sulle disposizioni che può concordare con i propri fornitori, le commissioni, la restituzione dei prodotti, rimborsi, la rimozione dei prodotti dalle vetrine, la vendita ad altri rivenditori al dettaglio.

Il fornitore di un grande rivenditore al dettaglio può rifiutare la restituzione di un prodotto che è stato distrutto, scaduto o rovinato, anche se il fornitore non subisce alcuna perdita a seguito di tale ritorno. Tuttavia, un fornitore di un grande distributore al dettaglio non può limitare la vendita del grande distributore di prodotti forniti da altri fornitori.



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